La psicologia giuridica: quando il supporto psicologico incontra la giustizia
La psicologia giuridica è una branca della psicologia che si pone all’intersezione tra il mondo della giustizia e quello della salute mentale. Il suo ruolo è fondamentale nelle indagini giudiziarie, nei processi legali e nelle consulenze tecniche, offrendo un supporto scientifico che aiuta i giudici, gli avvocati e le parti coinvolte a comprendere meglio gli aspetti psicologici dei casi. Ma cosa fa esattamente uno psicologo giuridico? E come il supporto psicologico si integra nel contesto della giustizia?
Il ruolo dello psicologo nelle indagini giudiziarie
Nelle indagini giudiziarie, lo psicologo giuridico è chiamato a valutare e interpretare il comportamento umano nel contesto legale. Uno degli aspetti principali del suo lavoro è la Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) o la Consulenza Tecnica di Parte (CTP). Questi incarichi si svolgono su richiesta di un giudice o di una delle parti coinvolte nel processo e riguardano diverse aree, tra cui:
- Valutazione della capacità di intendere e di volere: in alcuni casi, lo psicologo è chiamato a valutare se una persona era in grado di comprendere il proprio comportamento al momento di un reato o di un atto giuridico (come la firma di un testamento).
- Affidamento dei minori: nei casi di separazione o divorzio, lo psicologo giuridico può essere incaricato di valutare quale soluzione sia nel migliore interesse del bambino, tenendo conto delle dinamiche familiari e del benessere psicologico del minore.
- Valutazione del danno psicologico: in situazioni in cui si ipotizzano traumi o danni psicologici (ad esempio, a seguito di incidenti, violenze o mobbing), lo psicologo è chiamato a valutare l’entità del danno subito e la sua rilevanza giuridica.
- Perizie in ambito penale: nei processi penali, lo psicologo giuridico può essere incaricato di valutare la personalità dell’imputato, la sua pericolosità sociale o la sua capacità di rieducazione.
La consulenza tecnica: un supporto per la giustizia
Quando lo psicologo giuridico agisce come Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) o Consulente Tecnico di Parte (CTP), il suo compito è quello di fornire una valutazione professionale imparziale, basata su metodi scientifici e strumenti psicodiagnostici validati. Queste valutazioni non solo aiutano il giudice a prendere decisioni più informate, ma offrono anche un sostegno alle parti coinvolte, che possono avere una migliore comprensione delle dinamiche psicologiche che influenzano il caso.
Nel contesto giuridico, lo psicologo svolge il ruolo di “ponte” tra la giustizia e la psiche umana, cercando di dare una spiegazione alle motivazioni profonde dei comportamenti, aiutando così a rendere la giustizia più umana e attenta agli aspetti psicologici.
Psicologia giuridica e benessere delle persone
Oltre al contesto giudiziario, il lavoro dello psicologo giuridico ha un impatto profondo sul benessere delle persone coinvolte nei processi. Spesso, chi si trova in situazioni legali complesse, come separazioni, abusi o traumi, può sentirsi sopraffatto dalle emozioni. In questi casi, lo psicologo giuridico non solo fornisce una valutazione professionale, ma offre anche un supporto psicologico, aiutando le persone a elaborare le loro esperienze e a comprendere meglio le dinamiche in gioco.
La psicologia giuridica è una disciplina che combina il rigore scientifico della psicologia con le esigenze del sistema giudiziario. Il lavoro dello psicologo giuridico è fondamentale per garantire che le decisioni prese in ambito legale siano informate non solo dai fatti, ma anche dalla comprensione delle emozioni, dei traumi e delle dinamiche psicologiche coinvolte. Grazie al suo intervento, la giustizia può diventare più empatica e attenta al benessere delle persone, garantendo una maggiore equità e sensibilità nel trattamento dei casi.
Gestione della rabbia: tecniche per ritrovare la calma interiore
La rabbia è un’emozione naturale e universale che tutti sperimentano, ma quando non viene gestita correttamente, può danneggiare le relazioni, la salute mentale e fisica, e il benessere generale. La capacità di gestire la rabbia in modo efficace è fondamentale per ritrovare la calma interiore e rispondere in modo equilibrato alle situazioni difficili. In questo articolo, esploreremo tecniche e suggerimenti per gestire la rabbia e sviluppare una maggiore consapevolezza emotiva.
Le radici della rabbia
La rabbia può derivare da una varietà di cause, come frustrazione, paura, dolore o stress. È spesso una risposta automatica a situazioni che percepiamo come ingiuste, minacciose o fuori dal nostro controllo. Tuttavia, la rabbia non è un’emozione negativa di per sé; è una reazione naturale. Il problema sorge quando la rabbia viene repressa o espressa in modo inappropriato, causando conflitti o danni a lungo termine.
Perché è importante gestire la rabbia
Quando la rabbia non viene gestita, può portare a conseguenze dannose, come l’aggressività fisica o verbale, l’isolamento sociale e persino problemi di salute come ipertensione o malattie cardiache. Imparare a gestirla non significa ignorare l’emozione, ma piuttosto sviluppare una risposta più consapevole e controllata. Una corretta gestione della rabbia permette di migliorare le relazioni, ridurre lo stress e promuovere il benessere generale.
Tecniche per gestire la rabbia
Ecco alcune tecniche efficaci che puoi utilizzare per gestire la rabbia e sviluppare una risposta più equilibrata:
1.Riconosci la tua rabbia
Il primo passo per gestire la rabbia è riconoscerla. Invece di ignorare o reprimere l’emozione, ammetti a te stesso che stai provando rabbia. Accettare che la rabbia esiste ti aiuta a prendere consapevolezza del tuo stato emotivo e ti prepara ad affrontarla in modo più costruttivo.
2.Respira profondamente
Quando ci arrabbiamo, la respirazione tende a diventare superficiale e rapida, alimentando ulteriormente la sensazione di tensione. Praticare la respirazione profonda può aiutare a calmare il sistema nervoso e riportarti in uno stato di calma. Inspira lentamente attraverso il naso, riempiendo il diaframma, e espira attraverso la bocca. Ripeti questo processo più volte fino a sentire una riduzione della tensione.
3.Allontanati dalla situazione
Se possibile, prenditi una pausa dalla situazione che ti sta causando rabbia. Allontanarsi fisicamente può darti il tempo necessario per riflettere e calmarti prima di rispondere. Non si tratta di evitare il problema, ma di permetterti di recuperare il controllo delle tue emozioni prima di agire.
4.Utilizza tecniche di rilassamento
Oltre alla respirazione profonda, puoi utilizzare tecniche come la meditazione o il rilassamento muscolare progressivo per gestire la rabbia. Questi metodi aiutano a ridurre la tensione fisica e mentale, creando uno spazio di calma in cui puoi riflettere sulle tue emozioni in modo più obiettivo.
5.Identifica i pensieri irrazionali
Spesso, la rabbia è alimentata da pensieri distorti o irrazionali come “non è giusto” o “è sempre così”. Imparare a riconoscere questi pensieri e a sostituirli con affermazioni più equilibrate e razionali può ridurre l’intensità della rabbia. Ad esempio, invece di pensare “Non doveva succedere”, puoi dirti “Posso gestire questa situazione in modo costruttivo”.
6.Esprimi i tuoi sentimenti in modo assertivo
Imparare a esprimere i propri sentimenti in modo chiaro e assertivo, senza essere aggressivi, è una delle chiavi per gestire la rabbia. L’assertività implica comunicare i tuoi bisogni e opinioni rispettando anche i diritti e i sentimenti degli altri. Invece di reagire con rabbia, prova a dire qualcosa come “Mi sento frustrato quando…” e spiega il tuo punto di vista senza accusare o aggredire l’altra persona.
7.Cerca supporto
Se la rabbia diventa una costante nella tua vita e influisce negativamente su di essa, potrebbe essere utile parlare con un professionista. Un terapeuta può aiutarti a esplorare le cause profonde della tua rabbia e a sviluppare strategie personalizzate per gestirla in modo più efficace.
La rabbia è un’emozione normale, ma è fondamentale imparare a gestirla per evitare che causi danni a te stesso e agli altri. Applicando queste tecniche, potrai sviluppare una maggiore consapevolezza emotiva e affrontare le situazioni difficili in modo più equilibrato e costruttivo. La gestione della rabbia è un percorso che richiede impegno e pratica, ma con il tempo può portare a una maggiore calma interiore e a relazioni più armoniose.
La Mancanza di empatia nei giovani: un problema sociale dell’era digitale
La mancanza di empatia nei giovani: un problema sociale dell’era digitale
Nell’era della digitalizzazione e del crescente utilizzo dei social media, i giovani si trovano sempre più distaccati dalle relazioni umane autentiche. Questa distanza non è solo fisica, ma anche emotiva. La costante immersione nel mondo digitale, dove le interazioni sono spesso filtrate da uno schermo, sta creando una generazione che fatica a comprendere le emozioni proprie e altrui. Di conseguenza, la mancanza di empatia sta diventando un problema sociale che non possiamo ignorare.
I social media e le piattaforme digitali, pur avendo molti aspetti positivi, stanno contribuendo a isolare i ragazzi dalle esperienze di vita reale. Le interazioni virtuali tendono a essere superficiali e frammentate, il che rende difficile sviluppare una connessione emotiva profonda. Questo distacco si manifesta nella difficoltà di mettersi nei panni degli altri, un aspetto fondamentale dell’empatia. I ragazzi, sempre più abituati a interagire attraverso messaggi o commenti brevi, sembrano perdere la capacità di ascoltare davvero e di comprendere il dolore, la gioia o le difficoltà degli altri.
Come adulti, abbiamo il dovere di invertire questa tendenza. È necessario educare i giovani alle emozioni, mostrando loro l’importanza del contatto umano autentico e della comprensione reciproca. Dobbiamo essere esempi, condividendo apertamente le nostre emozioni e insegnando loro a riconoscere le proprie. Solo in questo modo potranno sviluppare una sensibilità emotiva e diventare adulti in grado di relazionarsi in modo sano e costruttivo con gli altri.
Educare all’empatia è una responsabilità che dobbiamo assumerci tutti. Non si tratta solo di fornire competenze emotive, ma di preparare una generazione capace di affrontare le sfide della vita con consapevolezza, compassione e umanità.
Quando funziona una relazione? Guardare oltre il visibile
Quando funziona una relazione? Guardare oltre il visibile
Le relazioni umane, in particolare quelle di coppia, sono complesse e dinamiche. Una delle chiavi per il successo di una relazione duratura risiede nella capacità di “guardare” l’altro, un atto che va ben oltre il semplice “vedere”. Ma cosa significa davvero guardare l’altro e come questo contribuisce alla stabilità e alla profondità di una relazione?
Guardare è diverso da vedere
Quando vediamo qualcuno, ci limitiamo a percepire la sua presenza fisica. Ma “guardare” è un atto ben più profondo: significa entrare in contatto con le emozioni, le vulnerabilità e i bisogni dell’altro. Significa essere realmente presenti, non solo con lo sguardo, ma con l’attenzione e il cuore. Quando ci impegniamo a guardare il nostro partner, creiamo uno spazio emotivo in cui l’altro si sente visto, compreso e accettato.
L’importanza del contatto emotivo
Una relazione funziona quando non smettiamo mai di guardare l’altro, quando manteniamo vivo quel filo invisibile che ci lega attraverso lo scambio di emozioni. Questo non riguarda solo le parole, ma anche i gesti e lo sguardo. Quando siamo in contatto con le emozioni dell’altro, siamo in grado di percepire il suo stato d’animo, di cogliere i segnali di malessere o di gioia. Questo contatto emotivo crea intimità e favorisce la crescita reciproca all’interno della coppia.
Guardare negli occhi per mantenere la connessione
Gli occhi sono spesso definiti come lo specchio dell’anima. Mantenere il contatto visivo con il nostro partner è un modo potente per rimanere connessi. Gli studi dimostrano che il contatto visivo può aumentare il senso di vicinanza e fiducia. Guardare negli occhi l’altro è un modo per dire “sono qui con te, ti vedo, ti sento”.
In Conclusione
Una relazione funziona quando non smettiamo mai di guardare il nostro partner con attenzione e interesse. Questo tipo di “guardare” non si limita all’aspetto esteriore, ma penetra nelle emozioni, creando una connessione più profonda e significativa. Essere realmente presenti per l’altro, guardarlo oltre il visibile, è ciò che rende una relazione viva e duratura.
Le origini della personalità narcisistica: un’analisi psicologica
Le Origini della Personalità Narcisistica: Un’Analisi Psicologica
La personalità narcisistica è un concetto che ha attirato l’attenzione degli psicologi e dei ricercatori per decenni. Ma quali sono le origini di questo complesso tratto di personalità?
Il termine “narcisismo” deriva dalla mitologia greca, in particolare dalla storia di Narciso, un giovane che si innamorò della propria immagine riflessa nell’acqua. Tuttavia, in psicologia, il narcisismo va ben oltre il mito e si riferisce a un modello di comportamento caratterizzato da un eccessivo senso di grandiosità, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia.
Le origini della personalità narcisistica sono influenzate da una combinazione di fattori genetici, ambientali e psicologici.
- Fattori Genetici: alcuni studi suggeriscono che il narcisismo potrebbe avere una base ereditaria. Le predisposizioni genetiche possono influenzare la predisposizione di un individuo a sviluppare tratti narcisistici, anche se non determinano da soli il risultato finale.
- Influenze Familiari: l’ambiente familiare gioca un ruolo cruciale nello sviluppo della personalità narcisistica. Stili di genitorialità eccessivamente permissivi o, al contrario, eccessivamente critici possono contribuire alla formazione di un’identità narcisistica. Ad esempio, un bambino che riceve lodi eccessive senza meritarselo può sviluppare un senso esagerato di superiorità, mentre un bambino costantemente criticato può sviluppare un narcisismo come meccanismo di difesa per compensare sentimenti di inferiorità.
- Fattori Psicologici: esperienze precoci e traumi possono influenzare la formazione di tratti narcisistici. Ad esempio, la difficoltà nel formare relazioni empatiche durante l’infanzia può portare a uno sviluppo disfunzionale dell’autoefficacia e dell’autovalutazione, elementi centrali nella personalità narcisistica.
- Contesto Sociale e Culturale: l’influenza dei modelli culturali e sociali può anche contribuire al narcisismo. Le società che enfatizzano il successo individuale e la fama possono promuovere comportamenti narcisistici, poiché gli individui cercano di adattarsi ai valori culturali predominanti.
Comprendere le origini della personalità narcisistica è fondamentale per sviluppare strategie efficaci di intervento e supporto. Sebbene la ricerca continui a evolversi, è chiaro che il narcisismo è il risultato di un intreccio complesso di fattori genetici, ambientali e psicologici.
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Miglior psicologo Torino
Miglior psicologo Torino
Se la vostra ricerca vi porta su Google, per trovare il miglior psicologo in Torino, preparatevi a navigare tra siti web con foto di psicologi sorridenti che sembrano usciti da un casting per una soap opera.
Ma attenzione: non lasciatevi ingannare dai sorrisi smaglianti e dalle piante finte negli studi. La vera bravura si nasconde dietro la capacità di farvi sentire a vostro agio e ascoltati con empatia.
Se, seduti nello studio, vi sentirete più rilassati che in una spa e meno giudicati che dal vostro cane, allora forse avete trovato la persona giusta. Il miglior psicologo non è quello che risolve tutti i vostri problemi con uno schiocco di dita, ma quello che vi accompagna con empatia e professionalità.
Fidatevi delle recensioni, non è facile per chi intraprende un percorso psicologico esporsi in prima persona, mettendoci la faccia.
Buona fortuna nella vostra ricerca e che la forza del divano dello psicologo sia con voi!
Disturbo Ossessivo-Compulsivo: Sintomi, Cause e Trattamenti Efficaci
Cos’è il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC)?
Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni che interferiscono significativamente con la vita quotidiana. Le ossessioni sono pensieri, immagini o impulsi ricorrenti e indesiderati che causano ansia o disagio. Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi o azioni mentali che una persona si sente obbligata a compiere per ridurre l’ansia o prevenire un evento temuto.
Sintomi del Disturbo Ossessivo-Compulsivo
- Paure di contaminazione: paura eccessiva di germi o sporcizia.
- Pensieri aggressivi: paura di fare del male a se stessi o agli altri.
- Bisogno di simmetria e ordine: necessità che gli oggetti siano allineati o disposti in un ordine preciso.
- Lavaggio e pulizia: lavaggio delle mani ripetitivo o pulizia eccessiva della casa.
- Controllo: verifiche ripetitive di porte, finestre, elettrodomestici.
- Contare e ordinare: eseguire attività in un ordine specifico o contare mentalmente.
Cause del Disturbo Ossessivo-Compulsivo
- Storia familiare: avere un parente stretto con il DOC può aumentare il rischio.
- Anomalie cerebrali: squilibri nei neurotrasmettitori come la serotonina.
- Eventi stressanti: traumi o eventi significativi possono scatenare i sintomi.
Diagnosi del Disturbo Ossessivo-Compulsivo
- Colloquio clinico: raccolta della storia del paziente e descrizione dei sintomi.
- Questionari specifici: come la Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale (Y-BOCS).
- Esclusione di altre condizioni: valutazione per escludere altre malattie mentali o fisiche.
Trattamenti Efficaci per il Disturbo Ossessivo-Compulsivo
- Esposizione con Prevenzione della Risposta (ERP*: tecnica che espone gradualmente la persona alle situazioni temute senza consentire il comportamento compulsivo.
- Ristrutturazione Cognitiva: aiuta a modificare i pensieri distorti legati alle ossessioni.
- Mindfulness e Meditazione: aiutano a ridurre l’ansia e migliorare la gestione delle ossessioni.
- Supporto Sociale: partecipazione a gruppi di supporto per condividere esperienze e strategie.
Vivere con il Disturbo Ossessivo-Compulsivo
- Educarsi sul DOC: comprendere il disturbo può aiutare a ridurre lo stigma e favorire il supporto.
- Seguire il trattamento: aderire al piano di trattamento prescritto dallo psicologo.
- Mantenere uno stile di vita sano: esercizio fisico regolare, alimentazione equilibrata e sufficiente riposo.
Conclusioni
Individuare i Disturbi Psicosomatici
Disturbi psicosomatici.
Alcuni disturbi organici hanno un’origine psicologica, una connessione psicosomatica.
Il focus del disturbo psicosomatico è la gestione delle emozioni in situazioni di stress, di rabbia, di depressione.
La persona che somatizza vive un disagio emotivo che trova scarico nel soma/corpo attraverso sintomi organici.
Lo stato d’ansia costante sollecita l’attivazione del sistema nervoso autonomo, cioè delle risposte vegetative che potranno sfociare in un disturbo gastro-intestinale (gastriti, reflussi gastrici, ulcere), alimentari (disturbi dell’alimentazione), cardiocircolatori (ipertensione, aritmie cardiache), muscolari (dolori generalizzati, cefalee), dermatologici (dermatiti, psoriasi).
Disturbi psicosomatici da stress
I disturbi psicosomatici possono quindi essere definiti come la risposta fisica di un disagio psicologico.
In particolare, le situazioni di stress emotivo, preoccupazione, emergenza, portano il fisico a un sovraccarico che non riesce più a sopportare: questo può comportare il presentarsi di disturbi fisici come campanello di allarme di un disagio più profondo.
Quando si creano condizioni di squilibrio fisico o psicologico e le risposte del corpo non sono adeguate, ne derivano modificazioni ormonali che progressivamente possono condurre a vari tipi di problemi clinici: dall’invecchiamento precoce a quei quadri cronici di tipo infiammatorio e immunitario che sostengono la maggior parte dei disturbi psicosomatici.
Perchè si verificano disturbi psicosomatici?
Fra le condizioni scatenanti i disturbi psicosomatici vanno sicuramente ricordati: in primo luogo, lo stile personale con cui ciascuno predispone le risposte comportamentali alle proprie emozioni e, in secondo luogo, il livello di stress psicosociale cui la persona risulta esposta.
Sintomi psicosomatici
I sintomi psicosomatici si presentano associati a molteplici disturbi psichici (ad esempio, ai disturbi d’ansia e a varie forme di depressione ).
I disturbi psicosomatici possono coinvolgere:
- l’apparato gastrointestinale(gastrite, colite ulcerosa, ulcera peptica, colon irritabile)
- l’apparato cardiocircolatorio(tachicardia, aritmie, cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa)
- l’apparato respiratorio(asma bronchiale)
- l’apparato urogenitale(dolori mestruali, impotenza, eiaculazione precoce o anorgasmia, enuresi)
- lacute (la psoriasi, l’acne, la dermatite atopica, il prurito, l’orticaria, la secchezza delle mucose, la sudorazione)
- il sistema muscolo-scheletrico(cefalea tensiva, crampi muscolari, torcicollo, mialgia e fibromialgia, artrite, dolori rachidei).
Come trattare i disturbi psicosomatici
In linea di massima, il paziente psicosomatico tende a prediligere una chiave di lettura “organica” (ovvero di malattia fisica) del suo disturbo orientandosi verso cure settoriali prevalentemente concentrate sul sintomo fisico.
Un approccio efficace al disturbo psicosomatico richiede invece la convergenza di diverse competenze specialistiche, sin dal fondamentale momento della diagnosi. Si tratta, infatti, di mettere contemporaneamente all’opera specialisti di aree differenti coordinandone i rispettivi contributi (a livello psicologico e somatico).
Dal punto di vista psicologico si possono individuare due principali livelli di intervento: farmacologico e psicoterapeutico, a loro volta coordinabili all’interno di un modello integrato. L’intervento farmacologico comprende la prescrizione e il successivo regolare monitoraggio di un farmaco da parte di uno specialista psichiatra.
Per quel che riguarda il versante psicoterapeutico, i due modelli più diffusi di psicoterapia sono il modello psicodinamico e il modello cognitivo-comportamentale: entrambi di comprovata efficacia, il primo privilegia la sfera soggettiva assieme alle componenti inconsce del disturbo, mentre il secondo si concentra sulle componenti attuali del disturbo.
COSA SI INTENDE PER PSICOSOMATICA?
Il termine psicosomatica fa riferimento ai sintomi fisici reali che emergono o sono influenzati dalla mente e dalle emozioni piuttosto che da una causa organica. Si rifà ai concetti di mente (psiche) e corpo (soma).
Una malattia psicosomatica coinvolge perciò sia la mente che il corpo.
Il DSM 5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) include una categoria chiamata “Disturbo da sintomi somatici” (conosciuto anche come “disturbo di somatizzazione” o “somatoforme“) riferendosi a persone con sintomi fisici gravi, cronici e dolorosi che possono avere o meno una spiegazione medica.
I sintomi possono essere o meno riconducibili a una causa fisica incluse condizioni mediche generali, altri disturbi mentali o abuso di sostanze. Ma a prescindere, causano livelli di disagio eccessivi e sproporzionati. I cosiddetti sintomi inspiegabili dal punto di vista medico sono estremamente comuni: diversi studi hanno mostrato che almeno un terzo dei sintomi somatici presentati nelle cure primarie rientrano in questa categoria.
Secondo il dottor Kroenke dell’Indiana University tra 1/5 e 1/4 di questi sintomi sono cronici o ricorrenti.
La Connessione mente-corpo
Ognuno di noi sperimenta la connessione mente-corpo in ogni momento.
Questa connessione è la comunicazione che avviene tra il cervello e il corpo e coinvolge il midollo spinale e i messaggeri elettrici e chimici (come i neurotrasmettitori e gli ormoni).
Questo sistema di comunicazione è responsabile del rilevamento delle informazioni utilizzando il nostro corpo (tramite occhi, orecchie, naso e pelle), del trasferimento di queste al cervello e dell’invio di messaggi importanti a tutte le parti del corpo.
Questo sistema è ciò che rende possibile ai nostri cervelli l’invio di messaggi e il controllo dei nostri corpi (es. muovere le varie parti, dirci quando siamo affamati, avvertirci di un pericolo ecc.). Questa connessione è automatica e involontaria.
Le risposte di attacco-fuga o di congelamento sono ottimi esempi di questo sistema.
Quando sentiamo di essere in pericolo viene innescata una potente risposta a livello fisico: questo può avvenire quando siamo impauriti ed esiste un grave pericolo, ma può manifestarsi anche quando questo non è così intenso o immediatamente presente.
Cosa significa Somatizzare?
Il termine “Somatizzare” indica che i pazienti esprimono e sperimentano le loro emozioni attraverso un malessere fisico corporeo. Un malinteso comune riguarda il fatto che le condizioni psicosomatiche siano immaginarie o “solo nella nostra testa“.
La verità è che i sintomi fisici di una condizione psicosomatica sono reali e richiedono un trattamento specifico. Secondo i dati, fino al 12% delle visite mediche riguardano sintomi somatici e ciò li rende estremamente reali.
Tutte le emozioni hanno infatti una parte fisica: ad esempio possiamo piangere quando siamo tristi o respirare affannosamente quando siamo preoccupati o ansiosi.
Ognuno di noi somatizza, in un modo o nell’altro.
Ciò significa che chi ha questi sintomi non sta fingendo, anche se non sembra esserci una spiegazione medica rilevabile, e vive una situazione che influenza molto la vita quotidiana.
A questo punto potrebbe esserti sorta questa domanda:
“in che misura dovrei preoccuparmi di una condizione medica alla base dei miei sintomi oppure pensare che il problema sia psicologico e agire di conseguenza?“
La risposta è negli esami medici. Quando questi sono negativi dovresti cominciare a valutare l’impatto emotivo dei tuoi sintomi. Spesso i sintomi corporei o i malesseri fisici che vivi sono la manifestazione di un disagio che non si può esprimere con altro linguaggio.
Si tratta di una modalità appresa per gestire conflitti interiori, memorie traumatiche o, anche, per evitare di compiere particolari azioni di cambiamento.
Il dolore è troppo intenso per accedervi con uno stato di consapevolezza maggiore e avere la possibilità di chiarire a se stessi come stanno davvero le cose. Prendersi cura del proprio corpo allora, significa prendersi cura di sé e questo vale anche per i relativi malesseri psichici.
La diagnosi di disturbo da somatizzazione può creare molto stress e frustrazioni per i pazienti: possono sentirsi insoddisfatti quando non c’è una migliore spiegazione fisica dei loro sintomi oppure gli viene detto che il loro livello di sofferenza non ha una base fisica.
QUALI SONO I SINTOMI E I TIPI DI DISORDINI PSICOSOMATICI?
Il termine “disordine psicosomatico” è principalmente usato per indicare: “un disturbo fisico che si pensa sia causato, o peggiorato, da fattori mentali“. Può esserci un singolo sintomo, oppure i sintomi possono essere multipli, possono essere lievi, moderati o gravi.
C’è un aspetto mentale in qualsiasi malattia fisica: infatti, il modo in cui reagiamo o affrontiamo un disturbo varia da persona a persona.
Ad esempio l’eruzione cutanea tipica della psoriasi può non disturbare molto alcune persone, mentre in altre può portare anche alla depressione.
Alcuni disturbi fisici sono particolarmente inclini a peggiorare se concorrono fattori come la stress o l’ansia. Alcuni di questi sono:
- psoriasi
- eczema
- eruzioni cutanee
- ulcere gastriche
- problemi allo stomaco e all’intestino
- mal di testa diffuso
- ipertensione e malattie cardiache
- studentessa stressata
La somatizzazione dell’ansia, in particolare, è molto comune ed ha importanti implicazioni per identificare i pazienti che hanno disturbi d’ansia.
Anche se non è ancora stato compreso a fondo il meccanismo esatto, i ricercatori sanno che lo stress e i vissuti depressivi possono esprimersi anche tramite dolore e malattie fisiche.
I disturbi psicosomatici nei bambini e negli adolescenti
I bambini e gli adolescenti possono avere sintomi come:
- dolore all’addome o alle gambe
- mal di testa
- fatica e stanchezza diffusa
- nausea
- problemi alla pelle
- bisogno urgente di andare in bagno
- dolore cronico
Spesso chi ha una malattia psicosomatica tende ad avere anche disturbi ansiosi.
Può inoltre subentrare un disturbo di conversione (disordine neurologico funzionale) caratterizzato da sintomi neurologici quali:
- debolezza o paralisi
- vertigini o svenimento
- movimenti anomali (simili a convulsioni epilettiche)
- difficoltà nel linguaggio
- formicolio o intorpidimento
- perdita di memoria
I sintomi possono riguardare uno o più differenti organi come:
- la testa
- la pelle
- la muscolatura
- il tratto gastrointestinale
- gli organi sessuali
QUALI SONO LE CAUSE DEI DISTURBI PSICOSOMATICI?
Le cause esatte di questi disturbi non sono tutt’oggi chiare, ma possono giocare un ruolo alcuni fattori quali:
Fattori genetici e biologici, come la forte sensibilità al dolore.
Influenze familiari, sia genetiche che ambientali.
Tratti di personalità che possono influenzare il modo in cui identifichi e percepisci la malattia e i sintomi corporei.
Comportamenti appresi: i cosiddetti “vantaggi secondari” della malattia.
Come abbiamo visto per altri disturbi, le cause di una malattia psicosomatica possono essere legate a molteplici fattori.
Dal punto di vista psicologico si fa riferimento spesso ad una diminuita consapevolezza o a problemi nell’elaborazione delle emozioni (le cosiddette “emozioni represse” come ad es. la rabbia).
In questo modo i sintomi fisici diventano il centro della propria attenzione per evitare vissuti emotivi dolorosi o pericolosi. Somatizzare diventa un modo per esprimere i propri vissuti attraverso il corpo.
Per saperne di più, contatta Antonella Ippolito al 347 7131329.